Approvato il 29 Marzo scorso il decreto legislativo recante il Codice dei contratti pubblici, in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n° 78 tra pareri favorevoli e sfavorevoli.
Nell’ambito dell’attuazione del PNRR, la riforma del codice degli appalti rappresenta una delle scadenze vincolante per la ricezione dei fondi da parte dell’Europa.
Vediamo di seguito le principali novità e differenze rispetto al suo predecessore (D.Lgs 50/2016) e il punto di vista di alcune figure chiave del mondo degli appalti.
Livelli di progettazione e dissenso qualificato
Il D.Lgs 50/2016 sanciva espressamente 3 livelli di progettazione:
1. Progetto di fattibilità tecnica ed economica
2. Progetto definitivo
3. Progetto esecutivo
Il Nuovo Codice degli Appalti invece stabilisce 2 livelli di progettazione:
1. Progetto di fattibilità tecnica ed economica
2. Progetto esecutivo
Nel Nuovo Codice non è presente il progetto definitivo; tale modifica deriva dalla scelta di snellire le fasi procedurali per l’espletamento dell’opera pubblica dovute alla rigidità burocratica. Basti considerare le autorizzazioni richieste prima dell’inizio dei lavori; autorizzazioni nella fase preliminare, successivamente autorizzazioni sul progetto definitivo che molte volte riportavano alla fase preliminare e ulteriori autorizzazioni anche presenti nel progetto esecutivo. Questo necessitava assolutamente di una revisione soffermandosi non tanto sulle autorizzazioni, ma piuttosto sulla realizzazione dell’opera pubblica, in tempi e modalità che risultassero più veloci. Viene introdtto anche il dissenso qualificato ovvero, le amministrazioni saranno molto più limitate nel bloccare un’opera pubblica.
Cambia il nome del RUP
Precedentemente il RUP era il Responsabile Unico del Procedimento, mentre diverrà il Responsabile Unico del progetto.
Al 'nuovo' RUP è affidata la responsabilità delle fasi di programmazione, progettazione, affidamento e per l’esecuzione di ciascuna procedura soggetta al codice. Il responsabile dell’unità organizzativa titolare del potere di spesa nomina il RUP tra i dipendenti addetti all’unità medesima in possesso di competenze professionali adeguate in relazione ai compiti a lui affidati, nel rispetto dell’inquadramento contrattuale e delle relative mansioni.
Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti che non sono pubbliche amministrazioni o enti pubblici individuano, secondo i propri ordinamenti, uno o più soggetti cui affidare i compiti del RUP, limitatamente al rispetto delle norme del codice alla cui osservanza sono tenute. L’ufficio di RUP è obbligatorio e non può essere rifiutato. In caso di mancata nomina del RUP nell’atto di avvio dell’intervento pubblico, l’incarico è svolto dal medesimo responsabile di cui al primo periodo. Il nominativo del RUP è indicato nel bando o nell’avviso di indizione della gara, o, in mancanza, nell’invito a presentare un’offerta o nel provvedimento di affidamento diretto.
Ferma restando l’unicità del RUP e se il RUP lo richiede, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, ciascuno secondo il proprio ordinamento, nominano, un responsabile di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile di procedimento per la fase di affidamento. Le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP.
Subappalto a cascata e Appalto integrato
Ulteriore novità riguarda la presenza del subappalto a cascata, attraverso il quale il subappaltatore potrà affidare in subappalto parte delle prestazioni affidategli. Questo risulta un argomento molto travagliato, dal momento che già precedentemente la Commissione Europea aveva avviato una procedura di infrazione, la n. 2018/2273, nei confronti dell’Italia per incompatibilità del Codice nei contratti pubblici rispetto all’ordinamento europeo. La Ratio di tale scelta del legislatore italiano risiedeva nel fatto che tale forma nei contratti pubblici poteva essere un veicolo di facile infiltrazione criminale, mentre invece soprattutto in ambito sovranazionale tale forma veniva/viene vista in maniera positiva per la sua più ampia partecipazione e accesso agli appalti pubblici da parte delle piccole imprese. A tale proposito bisogna considerare che in una prima battuta l’Italia con il D. lgs. 50/2016 aveva stabilito il limite quantitativo del 30% alle prestazioni subappaltabili, divieto generale di subappalto a cascata; dopo la procedura della Commissione Europea, il legislatore ha incrementato la soglia massima di subappalto al 50%, ma mantenendo il divieto del subappalto a cascata. Con il nuovo codice viene aumentata la soglia massima di subappalto al 60% e viene reinserito il subappalto a cascata. Precedentemente l’appalto integrato era vietato, ora questo permetterà di attribuire il progetto e l’esecuzione dei lavori con una stessa gara.
Liberalizzazione sottosoglia
Il nuovo codice sancisce:
- Affidamento diretto obbligatorio per appalti sotto i 150 mila euro (controvalore totale di 3,3 milioni di euro);
- Procedura negoziata senza bando gara ma con cinque inviti per appalti fino ad un milione di euro;
- Procedura negoziata senza bando ma con dieci inviti per gli appalti fra 1 e 5,38 milioni di euro.
Clausole di revisione dei prezzi
Viene confermato l’inserimento delle clausole di revisione dei prezzi, ma effettivamente come funziona?
Nel momento in cui si verifica una variazione del costo superiore alla soglia del 5%, si innesca tale clausola con il riconoscimento in favore dell’impresa dell’80% del maggior costo. Attraverso gli Indici Istat sarà possibile determinare la variazione dei costi e dei prezzi (prezzi al consumo e alla produzione nonché gli indici delle retribuzioni contrattuali orarie).
Opere prioritarie e Prima l’Italia
Il Governo con le Regioni, per accelerare la programmazione, qualifica una infrastruttura come di preminente interesse nazionale o strategica e successivamente inserisce queste opere nel documento di economia e finanza (Mef); in questo modo l’obiettivo principale sarà la riduzione dei termini per la progettazione anche attraverso l’istituzione di un comitato speciale dedicato all’esame di tali progetti, da parte del Consiglio superiore.
All’interno del Codice è stata inserita anche una clausola di “salvaguardia del made in Italy” che prevede dei criteri premiali per i prodotti originari italiani o dei Paesi Eu rispetto al totale delle forniture per eseguire l’appalto; in questo modo si riuscirà a tutelare le forniture italiane ed europee dalla concorrenza di altri paesi.
Principio di risultato e di fiducia
Il Nuovo Codice identifica due principi fondamentali:
1. Principio del risultato
2. Principio della fiducia
Alla base del principio del risultato, nel rispetto della trasparenza e concorrenza, c’è l’obiettivo dell’affidamento del contratto e dell’esecuzione di questo nel minor tempo possibile. Il principio della fiducia, che lavora parallelamente con il principio del risultato, valorizza l’iniziativa e l’autonomia dei funzionari pubblici. In questo modo a differenza del vecchio Codice, si supera il timore della firma, dal momento che i funzionari temevano responsabilità e ripercussioni, bloccando ulteriormente le procedure (si preferiva il non fare al fare). Il Nuovo codice prevede che per determinare la colpa grave, bisogna considerare la violazione di norme di diritto e regole di prudenza, perizia e diligenza, ma non il mancato riferimento a indirizzi giurisprudenziali o pareri della autorità competenti.
DICHIARAZIONI GIUSEPPE BUSIA, PRESIDENTE DELL’ANAC
La principale ombra segnalata dall'Autorità è che "sotto i 150mila euro si dà mano libera, si dice non consultate il mercato, scegliete l'impresa che volete, il che vuol dire che si prenderà l'impresa più vicina, quella che conosco, non quella che si comporta meglio". Questo è il giudizio espresso dal presidente dell'Anac, Giuseppe Busia, in merito al testo sul Codice degli appalti approvato ieri in Cdm. "Sotto i 150mila euro va benissimo il cugino o anche chi mi ha votato e questo è un problema, soprattutto nei piccoli centri", ha spiegato a Zapping su Radio Uno.
In una nota, Busia ha specificato: "Bene l'impulso alla digitalizzazione degli appalti del nuovo Codice. Attenzione, però, a spostare l'attenzione solo sul 'fare in fretta', che non può mai perdere di vista il 'fare bene'. Semplificazione e rapidità sono valori importanti, ma non possono andare a discapito di principi altrettanto importanti come trasparenza, controllabilità e libera concorrenza, che nel nuovo Codice non hanno trovato tutta l'attenzione necessaria, specie in una fase del Paese in cui stanno affluendo ingenti risorse europee". Busia sottolinea anche gli aspetti positivi del nuovo Codice: "Con la gestione interamente digitale degli appalti, prevista dal Codice e impegno di Anac da tempo, sarà garantita l'estensione del digitale a tutto il ciclo di vita del contratto, a partire dalla programmazione, alla richiesta del codice identificativo di gara, fino all'esecuzione e conclusione del contratto, e all'ultima fattura. Questo porta a piena maturazione quanto Anac ha già fatto con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici: tutte le informazioni e le attività riguardanti l'appalto dovranno passare attraverso piattaforme telematiche interoperabili e confluiscono sul portale dell'Autorità, con l'acquisizione diretta dei dati". Restano però i dubbi, "per la riduzione della trasparenza e della pubblicità delle procedure, principi posti a garanzia di una migliore partecipazione delle imprese, e a tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti". E ancora: "Soglie troppo elevate -per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate rendono meno contendibili e meno controllabili gli appalti di minori dimensioni, che sono - va notato - quelli numericamente più significativi. Tutto questo col rischio di ridurre concorrenza e trasparenza nei contratti pubblici". Tra gli aspetti positivi del Codice, Busia sottolinea invece il rafforzamento della "vigilanza collaborativa, uno dei più efficaci strumenti di prevenzione che consente ad Anac di intervenire con tempestività e garanzia della legalità nelle procedure di aggiudicazione, senza nessuna perdita di tempo. Le Pubbliche amministrazioni che vi aderiscono sottopongono in via preventiva gli atti di gara all'Autorità, che in tempi brevissimi - dai cinque agli otto giorni - fornisce osservazioni e consigli, favorendo la deflazione del contenzioso".
L’Anac ha calcolato che nel 2021 le stazioni appaltanti italiane hanno promosso 62.812 procedure per l’assegnazione di lavori pubblici, per un controvalore di 43,4 miliardi di euro - scrive il Sole 24 ore -. Di queste ben 61.731 procedure (che l’Anac rileva come richiesta perfezionata di Cig, Codice identificativo di gara), pari appunto al 98,27% per un valore di 18,9 miliardi, sono relative a gare di importo inferiore a 5 milioni. Dunque, al di sotto della soglia Ue di 5,38 milioni, che è la fascia di importo entro la quale il nuovo codice appalti impone l’affidamento diretto (fino a 150mila euro) e la procedura negoziata senza bando (con 5 o 10 inviti a seconda che le opere da eseguire valgano di meno o di più di un milione)”. Inoltre, la formulazione del decreto approvato dal CdM ammorbidisce il vincolo di procedere senza gara almeno per le opere di importo superiore al milione.
DICHIARAZIONI SIMONE GAMBERINI, PRESIDENTE DI LEGACOOP
"Il nuovo codice degli appalti rappresenta un passo avanti sulla strada della semplificazione, della digitalizzazione e del miglioramento del processo di affidamento dei contratti pubblici, ma presenta anche delle criticità su temi rispetto ai quali avevamo avanzato proposte specifiche.
Gli aspetti positivi potrebbero però essere vanificati dall'entrata in vigore in anticipo rispetto ai tempi necessari a qualificare e formare le stazioni appaltanti, con il rischio di bloccare il mercato degli appalti pubblici come già avvenuto con l'entrata in vigore del precedente codice".
A dirlo è il presidente di Legacoop, Simone Gamberini. "Il testo finora noto non risponde pienamente alle principali proposte di miglioramento avanzate dal movimento cooperativo, e condivise dalle commissioni parlamentari, relative alla revisione dei prezzi, all'offerta economicamente più vantaggiosa e agli strumenti consortili. Occorre chiarire i profili principali dei consorzi cooperativi e artigiani, in coerenza con la regolamentazione degli ultimi venti anni che ha sempre favorito la partecipazione delle piccole e medie imprese al mercato degli appalti pubblici. La positiva introduzione dell'obbligatorietà della revisione dei prezzi, che consente di salvaguardare l'esecuzione dei contratti a fronte dell'impennata dell'inflazione, rischia di essere vanificata da indicazioni poco chiare sulla sua effettiva applicazione. Infine, occorre garantire la qualità dei servizi, limitando con più decisione il peso del prezzo nell'offerta economicamente più vantaggiosa".
"È condivisibile il percorso per la qualificazione delle stazioni appaltanti che, se verrà portato a termine, potrà migliorare i rapporti tra pubbliche amministrazioni e imprese. Un obiettivo che trova spazio anche nei principi generali, che valorizzano la fiducia e l'equilibrio tra le parti come basi di un nuovo rapporto tra soggetto pubblico e imprese”.
"Questo approccio va in direzione di un nuovo modello di partenariato solidale tra pubblico e privato che rivendichiamo da tempo come segno di attenzione all'obiettivo di innalzare la qualità dei servizi e di garantire maggiori tutele per i lavoratori, senza trascurare i profili essenziali della concorrenza. Da questo punto di vista, le soglie entro le quali sono previsti gli affidamenti diretti o le procedure negoziate rischiano di far venir meno le condizioni per una concorrenza corretta nel mercato". "Auspichiamo che attraverso un confronto continuo queste criticità possano essere affrontate entro la data di piena attuazione del codice".
BOLLINO ROSA, CHE FINE FARÀ?!
Il Nuovo Codice degli Appalti purtroppo riserverà una brutta sorpresa alle donne e alle imprese. Dal testo si evince il rischio di cancellare definitivamente il bollino rosa; questo consentiva alle imprese che certificavano la parità di genere, dimostrando di operare contro la discriminazione, di venir premiate attraverso vantaggi fiscali.
La Certificazione della Parità di genere per le imprese, varata nel 2021, aveva come obiettivo quello di effettuare una rivoluzione strutturale nelle aziende; questa Certificazione è tra i progetti contenuti nel PNRR, la cui proiezioni portava ad un incremento del Pil uguale ad un quarto dell’incremento complessivo prodotto dal PNRR stesso e soprattutto perché il concetto di equità di genere, era ed è al centro dell’Unione Europea come “prerequisito” per l’accesso ai fondi proprio del PNRR.